Parte Lifepath: un progetto europeo per allungare la vita in buona salute degli europei più svantaggiati

Ricercatori di dieci diversi paesi hanno dato inizio a un consorzio interdisciplinare per studiare l’influenza delle cattive condizioni socioeconomiche sulla salute e per proporre nuove politiche sanitarie che tengano conto di tale influenza. Si tratta di Lifepath, un progetto che ha ottenuto un finanziamento di sei milioni di euro nell’ambito del programma dell’Unione Europea Horizon 2020 e che include quindici istituzioni in Europa, Stati Uniti e Australia. Il progetto è coordinato da Paolo Vineis, dell’Imperial College di Londra. Per l’Italia partecipano il gruppo di Giuseppe Costa dell’Università di Torino, responsabile fra le altre cose del rapporto sulle disuguaglianze di salute nel nostro Paese, e il gruppo di Epidemiologia Molecolare della Fondazione HuGeF Torino.

Diversi studi hanno già provato che le condizioni di salute nel corso della vita sono fortemente influenzate dal benessere economico e dallo status sociale. Fattori di rischio tradizionali come le abitudini alimentari o il fumo incidono solo in parte su questo legame, che è in gran parte spiegabile con altri elementi, per esempio condizioni psicosociali come lo stress. I meccanismi coinvolti sono però ancora poco conosciuti.

Il consorzio Lifepath ambisce quindi a svelare i processi biologici alla base di tale legame, con l’intento di ridurre l’impatto negativo delle disuguaglianze sulla salute e di e di far guadagnare anni di vita in buone condizioni alle fasce meno privilegiate.. Parte degli sforzi del progetto saranno inoltre dedicati allo studio – condotto su ampi gruppi di persone in Irlanda e Portogallo – dei possibili effetti della crisi economica sui fattori biologici legati all’invecchiamento.

«Sappiamo che è possibile invecchiare restando in buona salute ma ciò è più probabile che avvenga fra persone con uno status socioeconomico alto» ha detto il professor Vineis. «Quello che vogliamo capire meglio è perché ciò avvenga, in modo che invecchiare in maniera salutare possa diventare una realtà per tutti e non solo per i membri più ricchi della società».

Nel corso di quattro anni, il programma di ricerca di Lifepath studierà le connessioni fra fattori socioeconomici come educazione, reddito e successo sociale, e problemi di salute caratteristici dell’età avanzata, come cancro, malattie cardiovascolari e disturbi cognitivi. Le analisi a livello molecolare, che saranno effettuate per la maggior parte in Italia presso la Fondazione HuGeF Torino, consentiranno inoltre di analizzare campioni di sangue in modo da identificare i cambiamenti associati alla povertà che avvengono a livello biologico.

Il progetto includerà anche una valutazione dell’impatto sulla salute di alcuni programmi sperimentali condotti negli Stati Uniti, che prevedono versamenti in denaro a famiglie povere destinati a incoraggiare comportamenti positivi, come portare i propri figli dal dottore o mandarli a scuola. Opportunity NYC, per esempio, fra il 2007 e il 2010 ha assegnato incentivi economici a un gruppo di famiglie selezionate in maniera casuale, in modo da poter paragonare i loro risultati con quelli di famiglie che non avevano ricevuto alcun premio.

Alcuni studi hanno suggerito che l’impatto negativo della povertà sulla salute potrebbe essere mediato da un aumento dei livelli di infiammazione. Secondo Steve Horvath, UCLA, nel nostro organismo c’è una sorta di orologio molecolare regolato da un tipo particolare di modifica del DNA – la metilazione – che rivela l’età biologica di un individuo. Studi preliminari condotti dal consorzio Lifepath hanno dimostrato che individui con uno status socioeconomico più basso hanno una maggiore età biologica, misurata in base ai livelli di metilazione.

 

Il consorzio Lifepath, che include scienziati, economisti ed esperti di politiche sanitarie, ambisce a raccogliere prove scientifiche sufficienti a migliorare gli sforzi orientati alla riduzione delle disuguaglianze nella salute. «Ci sono diverse posizioni su come andrebbero affrontati simili problemi» ha detto il professor Vineis. «Alcune persone, per esempio, chiedono maggiori investimenti nell’educazione sanitaria, mentre altri pensano che il denaro dovrebbe venir dato direttamente ai meno abbienti. Si tratta di domande aperte e il nostro progetto spera di poter dare un importante contributo nel trovare gli approcci migliori per affrontarle».

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Tuesday, June 9, 2015